Era finalmente carnevale, lei, come tutti gli anni, chiese a sua madre di travestirsi di celeste, il colore del cielo, del pulito, insomma del bello. La madre, con aria noncurante le rispose:
"Lo sai che sei marrone, anche se ti metti un'abito di un altro colore sempre marrone resti".
MARRONE, non per il colore della pelle, ma era la sua anima che rispecchiava un colore, sempre quello. Non era cattiva e nemmeno brutta, insomma, non avrebbe potuto cambiare. La madre continuava a riporre le uova sulle stoffe colorate, questo era il suo mestiere, faticoso quanto impegnativo. Le uova avevano misure diverse a seconda della giornata. La bimba presa dalla sconforto, riprese la sua macchina fotografica e ricominciò a fotografare i chiodi che collezionava, chiodo piantato, dritto, storto in ogni posizione, i chiodi erano fragili come vetro, come lei. Di occasioni per fare altro le aveva tutto il giorno, ma lei non pensava che ai suoi chiodi e al colore marrone, le altre bambine la chiamavano:
"Marrone, vieni a giocare?"
Lei, sempre molto educata, rispondeva:
"Non posso, ho ancora mille chiodi da fotografare. Magari domani".
Ma il domani non arrivava mai, così il tempo passava, e all'improvviso da bimba diventò ragazza. Era estate, quindi arrivavano tanti turisti nella sua città. Uno di questi era un ragazzo che parlava con un'accento strano, tipo:
Zole, conziglio, zogni, luminozi, intenziva eccetera… Si accorse subito di quella ragazza marrone che fotografava chiodi. Le chiese:
"Ma non zi ziamo già visti?"
Lei distolse lo sguardo da quel chiodo, arrivato proprio quella mattina. Lo aveva prenotato su internet pagandolo una cifra a un'asta, vide il ragazzo, magro come un limone, con i capelli colore dei mirtilli, insomma, per i suoi gusti era tra il rutto e il gabinetto e poi, che approccio misero, una frase da "suor banalità" come avrebbe detto sua mamma.
"No, non mi pare proprio di conoscerti"
Lui insistendo:
"Ma zì, all'asta delle brughole, lo scorzo inverno, parlavi con il largo pesze del lago"
Lei era stata a quell'asta, ma dopo aver mangiato lupini a scoppiare era tornata a casa e, soprattutto, non aveva parlato con nessuno, come sempre. Questo ragazzo raccontava un sacco di balle per attaccare bottone.
Rispose:
"Guarda, io ho molto da fare, se non ti spiace vado, ciao"
Lui rimase, come avrebbe detto sua madre, "con la lingua in bocca". Lei scomparve in un secondo, ma lui si ripropose di cercarla, tanto di tempo ne aveva.
Ritornando a casa, Marrone raccontò il fatto alla madre che, come risposta, le disse:
"Mangiamo questo piatto di pappardelle, le ha cucinate nonna astuzia".
La solita risposta, che sua madre fosse distratta lo sapeva, ma era veramente insopportabile, non aveva mai una carezza né rabbia, viveva di uova, bianche, stese su un tessuto colorato, perché?
Il giorno dopo il ragazzo la trovò dal ferramenta, fissa a osservare i chiodi, faceva domande:
"Se compro quel martello, riesco a fare una foto mentre il chiodo entra in un'asse di legno?"
"Senti, compralo e basta, tanto domani sei ancora qui"
La vita era uno spasso nel paese dei chiodi, si vive per martellare i chiodi, ma dove?
Ci voleva un posto, una grossa base di legno, ma poi, dopo che li hai piantati?
Nulla, il niente e nessuno, questa cosa non serve a nessuno, per questo è bella: non serve.
Pazienza, se tutto quello che facciamo servisse a qualcosa, sarebbe brutto, quello che si fa è bello e basta.
Il ragazzo salutò Marrone, che era così bella da sembrare celeste, lei prese i suoi chiodi e lo salutò.