sabato 24 agosto 2013

Marrone



Era finalmente carnevale, lei, come tutti gli anni, chiese a sua madre di travestirsi di celeste, il colore del cielo, del pulito, insomma del bello. La madre, con aria noncurante le rispose:
"Lo sai che sei marrone, anche se ti metti un'abito di un altro colore sempre marrone resti".
MARRONE, non per il colore della pelle, ma era la sua anima che rispecchiava un colore, sempre quello. Non era cattiva e nemmeno brutta, insomma, non avrebbe potuto cambiare. La madre continuava a riporre le uova sulle stoffe colorate, questo era il suo mestiere, faticoso quanto impegnativo. Le uova avevano misure diverse a seconda della giornata. La bimba presa dalla sconforto, riprese la sua macchina fotografica e ricominciò a fotografare i chiodi che collezionava, chiodo piantato, dritto, storto in ogni posizione, i chiodi erano fragili come vetro, come lei. Di occasioni per fare altro le aveva tutto il giorno, ma lei non pensava che ai suoi chiodi e al colore marrone, le altre bambine la chiamavano:
"Marrone, vieni a giocare?"
Lei, sempre molto educata, rispondeva:
"Non posso, ho ancora mille chiodi da fotografare. Magari domani".
Ma il domani non arrivava mai, così il tempo passava, e all'improvviso da bimba diventò ragazza. Era estate, quindi arrivavano tanti turisti nella sua città. Uno di questi era un ragazzo che parlava con un'accento strano, tipo:
Zole, conziglio, zogni, luminozi, intenziva eccetera… Si accorse subito di quella ragazza marrone che fotografava chiodi. Le chiese:
"Ma non zi ziamo già visti?"
Lei distolse lo sguardo da quel chiodo, arrivato proprio quella mattina. Lo aveva prenotato su internet pagandolo una cifra a un'asta, vide il ragazzo, magro come un limone, con i capelli colore dei mirtilli, insomma, per i suoi gusti era tra il rutto e il gabinetto e poi, che approccio misero, una frase da "suor banalità" come avrebbe detto sua mamma. 
"No, non mi pare proprio di conoscerti"
Lui insistendo:
"Ma zì, all'asta delle brughole, lo scorzo inverno, parlavi con il largo pesze del lago"
Lei era stata a quell'asta, ma dopo aver mangiato lupini a scoppiare era tornata a casa e, soprattutto, non aveva parlato con nessuno, come sempre. Questo ragazzo raccontava un sacco di balle per attaccare bottone. 
Rispose:
"Guarda, io ho molto da fare, se non ti spiace vado, ciao"
Lui rimase, come avrebbe detto sua madre, "con la lingua in bocca". Lei scomparve in un secondo, ma lui si ripropose di cercarla, tanto di tempo ne aveva. 
Ritornando a casa, Marrone raccontò il fatto alla madre che, come risposta, le disse:
"Mangiamo questo piatto di pappardelle, le ha cucinate nonna astuzia".
La solita risposta, che sua madre fosse distratta lo sapeva, ma era veramente insopportabile, non aveva mai una carezza né rabbia, viveva di uova, bianche, stese su un tessuto colorato, perché?
Il giorno dopo il ragazzo la trovò dal ferramenta, fissa a osservare i chiodi, faceva domande:
"Se compro quel martello, riesco a fare una foto mentre il chiodo entra in un'asse di legno?"
"Senti, compralo e basta, tanto domani sei ancora qui"
La vita era uno spasso nel paese dei chiodi, si vive per martellare i chiodi, ma dove?
Ci voleva un posto, una grossa base di legno, ma poi, dopo che li hai piantati?
Nulla, il niente e nessuno, questa cosa non serve a nessuno, per questo è bella: non serve.
Pazienza, se tutto quello che facciamo servisse a qualcosa, sarebbe brutto, quello che si fa è bello e basta.
Il ragazzo salutò Marrone, che era così bella da sembrare celeste, lei prese i suoi chiodi e lo salutò.

mercoledì 7 agosto 2013

Zorro



Zorro, un personaggio che trovi in tutte le zone di Milano. Di solito vive le sue giornate in gruppo, appoggiato alle vetrine di un qualsiasi negozio o giardino pubblico. 
Cappellino da baseball calzato al contrario, pantalone a vita bassa, diciamo che arriva sotto i fianchi, da dove esce l'elastico della mutanda con logo D&G, di solito falsa, canotta con varie scritte. Dimenticavo, capelli rasati quasi a zero, a parte la parte centrale tenuta a mo' di crestina da calciatore, lampi disegnati dal rasoio, piercing sulla bocca e cellulare o, dipende dalla possibilità economica, iPhone, da dove esce musica del CAZZO, anzi, forse l'aggettivo è troppo gentile, insensibile quasi ridicola. 
Ne incontro uno in un giardino pubblico, appoggiato a un muretto scherza con alcune ragazze, dialogo:
«Ma tu lo metti il tanga?» risatina.
Lei risponde:
«Certo»
Lui:
«Allora metti una foto su FB, così lo vediamo tutti… una tipa che conosco l'ha fatto, da morire» risatina
Lei:
«Ma sei fuori…» risatina
Poi una serie di urletti, musica, chiamiamola così, da paura come direbbe il ragazzo. 
Quando ero piccola, quindi cento anni fa, il mio "mito" era Pippi Calzelunghe, viveva da sola in una grande casa, con la scimmietta e il cavallo, in un albero aveva le limonate ecc… Era libera, da tutto e da tutti, una bambina con le scarpe lunghe, non si sarebbe mai fatta dire da uno Zorro, queste cose, sembra quasi retorico dire che la dignità è importante. 
Ti ricordi di quella fiaba dove il mondo non era rotondo, ma un cubo, ogni volta che girava un lato finiva una giornata, quindi un giorno era formato da sei giorni. Gli abitanti erano permalosi e, stufi, volevano che un giorno durasse dieci giorni, il capo il Mamolete spiegava loro che i cani avrebbero mangiato dieci volte in un giorno, i fiori sarebbero fioriti dieci volte, gli esseri umani, e non, si sarebbero accoppiati dieci volte, il circo avrebbe dato dieci spettacoli. Ma inutilmente, il Mamolete stufo di questa situazione, chiese consiglio alla signora Oca, la quale con la sua grande saggezza disse:
"Che vadano a farsi fottere, non sanno che la donna cannone, ha bisogno di tempo per poter volare, altrimenti lo spettacolo non esiste più"
Il Mamolete, turbato dall'idea si fece trasportare da cinquecento cavalli bianchi, un gruppo di coccodrilli, topi e datteri a tonnellate, dieci ballerine scalze e nani (come potevano mancare?) a profusione. Arrivato, baciò i due grossi piedi della donna cannone, la sollevò verso il cielo, e il cielo si riempì di foglie profumate. Il grande amore del Mamolete, salvò il suo mondo cubo e particolarmente la sua amata donna cannone, la riparò dalle brutte correnti e volarono via, dalle mille ossessione degli abitanti. 
E vissero felici e contenti.

giovedì 1 agosto 2013

Loop


La sua memoria era andata in loop, parola più bella da pronunciare che da scrivere. La sua felicità era vivere a contatto con frutta e verdura. Per lei era la stessa sensazione che hai quando fai un viaggio: vuoi vivere con le stesse abitudini che hai vissuto. Il tempo si dilata, non hai problemi di orari e obblighi, vivi, mangi, parli senza rete, quello che hai in mente lo realizzi subito. Ma, non potendo fare tutto ciò, si beava tra gli ortaggi. Dove trovarli a Milano in agosto? Al solito posto, il supermercato. Di solito la prima corsia, le cassette in ordine, le insalate, la riccia, stronzetta, presuntuosa e frivola, la lattuga timida e chiusa. Tutte avevano la propria personalità e il proprio carattere. Ma anche tra loro, come in tutte le società che si rispettino, esistevano conflitti, prevaricazioni, invidie, amori e felicità. 
Quel pomeriggio, appena entrò nel reparto, capì subito che qualcosa non andava: le carote esperte e famose cantanti, erano mute e pallide, le melanzane, discrete ballerine, ferme e indifferenti, il pomodoro, con il suo vestito colorato e profumato, aveva un'ammaccatura su una guancia. Sì, la situazione era tesa, a chi rivolgersi se non alla barbabietola, la più pettegola? Una sfigata e bruttona. Nel mondo la mangiano in tre, e quei tre sono brutti e miseri come lei. Il pasticcio era nato da una vecchia storia, avvenuta anni prima, tra il peperone e la fragola, una relazione durata poche stagioni: si innamorarono a luglio e il grande amore finì in novembre, con una pioggia sottile e continua, lui la accompagnò a casa per non rivederla mai più. Dopo poco, nacque l'asparago. La sua fragilità era evidente, senza una famiglia, con una madre occupata a tirare avanti senza l'aiuto di un compagno, crescendo non trovò nessuno a cui lasciare i suoi ricordi, visto che non ne aveva. Finché, un giorno, si buttò in una padella, cercando di avere un sorriso dalle patate che stavano friggendo, le quali non se lo pensarono nemmeno di striscio, occupate a scoppiettare allegramente. Infatti è risaputo che la patate hanno una sensibilità di un pezzo di quartirolo. Insomma, la fragola tornò al supermercato, tutti gli altri si chiedevano come mai, visto che non si faceva vedere da tempo. Il primo ad accoglierla fu il sedano. Con la sua aria da prete di campagna iniziò a parlare in maniera monotona di argomenti come l'universo, l'evoluzione, l'estinzione dei dinosauri, l'accoppiamento tra il cordon bleu e il broccolo, la famiglia dei bulloni con i rapanelli. Il sedano era un cagasentenze, non approvava le unioni tra esseri uguali o diversi, lui aveva un solo credo: il mondo dei sedani, in tutte le salse e di tutti i colori. Quindi, il resto del mondo lo considerava "diverso" e pericoloso. Per la sua innata presunzione non ebbe mai molti amici, a parte qualche scorza nera. La fragola lo ascoltò, più per educazione, e lo liquidò dicendo:
«Non esistono più le mezze stagioni»
Lui appagato dalla frase, si rivolse alle sue amiche scorze nere, conversando di ciliegie viste alla stazione. Le pesche, belle morbide e tonde, sarebbero da dipingere con i loro culoni perfetti, capirono subito che la fragola aveva dimenticato qualcosa, ma cosa? Il suo libretto di ricette di fragole, crostata di fragole, bavarese di fragole, macedonia di fragole, mousse di fragole, fragole e panna…, circa mille ricette raccolte in tutta la sua vita, ma dove poteva essere? L'unico che poteva rispondere a questa domanda era lui: il melone, il quale vivendo quasi in simbiosi con il suo amico carciofo, per storie di vagabondaggio e clandestinità, non si scompose alla domanda:
«Hai per caso visto il mio libretto rosso?»
Continuò a giocare a carte con il solito gruppo: carciofo, cavolo nero e banana. La fragola salutò tutti, capendo che non avrebbe mai ritrovato il suo libretto di cose perdute.
Ecco, aveva passato il suo pomeriggio in loop, come del resto tutti i giorni, aveva ritrovato le storie e i colori di tutti i giorni, senza soluzione né morale come un bottone scompagnato.
Perché a Milano muore sempre il rosmarino?

martedì 30 luglio 2013

La dimensione latente della città


Queste sono frasi e parole rubate a giornali italiani:
30 anni, milanese, vive a Parigi con incursioni a Berlino…

INCURSIONI A BERLINO.

Il feeling generale sembra essere che la poesia stia diventando sempre più una nicchia intellettuale da insider…

UNA NICCHIA INTELLETTUALE DA INSIDER.

Le è mai capitato di cadere in paranoia?
CADERE IN PARANOIA.
Che progetti per l'estate romana?
ESTATE ROMANA.
La dimensione latente della città è un argomento molto interessante.
DIMENSIONE LATENTE DELLA CITTA'.
Milano una città allo stesso tempo caotica e cool
CAOTICA E COOL.
Fra tradimento, dolore, solitudine, ingiustizia, intolleranza e pregiudizi, che cosa teme di più?
DOLORE, SOLITUDINE, INGIUSTIZIA, INTOLLERANZA E PREGIUDIZI.
Singolare per un Ariete ascendente Leone…
ARIETE ASCENDENTE LEONE.
E che cosa credeva di fare, mettendosi nuda sulle pagine di Playboy?
NUDA SULLE PAGINE DI PLAYBOY:
Uno zaino e via verso l'incompiuto astratto…
INCOMPIUTO ASTRATTO:
I loro genitori chiusi in un silenzio monolitico.
SILENZIO MONOLITICO:

Un 30 MILANESE INTELLETTUALE DA INSIDER, fa INCURSIONI A BERLINO, perché a Palermo, città di origine, si sente soffocato, dal U pani câ meusa, come biasimarlo. Dopo aver vagabondato per Roma, dove era CADUTO IN PARANOIA, per colpa delle coratelle mangiate nel pieno dell'ESTATE ROMANA. A Firenze, capì finalmente, LA DIMENSIONE LATENTE DELLA CITTA', davanti ai banchini dei trippai, dove mangiò, il panino con il Lampredotto. passando per Milano, scoprì la cassoeula, che gli aprì gli occhi su questa città CAOTICA E COOL contemporaneamente. 
Ritornato a Berlino, visse tra DOLORE, SOLITUDINE, INGIUSTIZIA, INTOLLERANZA E PREGIUDIZI, insomma tutte le rogne del mondo gli si attaccarono al culo. Ma lui non si perse d'animo, anzi fece un servizio su Playboy. CHE COSA CREDEVA DI FARE, METTENDOSI NUDO SULLE PAGINE DI PLAYBOY? Un CAZZO di niente, ma guadagnare in questa maniera era più comodo che fare marchette sulla Kurfürstendamm. Ma essendo un SINGOLARE ARIETE ASCENDENTE LEONE, la sua vita necessitava di una svolta, prese il suo ZAINO E VIA VERSO L'INCOMPIUTO ASTRATTO, sul quale aveva più volte meditato. E' meglio una banana nel culo, o un culo a forma di banana? A questo dilemma, non riuscì mai a rispondere, ma la decisione la prese all'improvviso, andò a trovare i suoi genitori. Loro CHIUSI IN UN SILENZIO MONOLITICO, lo accolsero, sia pure con qualche perplessità, dovute a diversi fatti precedenti. La madre alcolizzata dall'età di tre anni, viveva ormai di cose semplici, un paio di confezioni di tavernello al giorno, oramai appagavano tutte le sue ansie. Il padre ex tossico, girava per la casa in calzoncini, fumando canne e cantando vecchi pezzi di Nat King Cole. Quindi cosa voleva da loro?
La risposta logicamente esiste solo nei nostri cuoricini del CAZZO.
In una scuola elementare diversi anni fa, chiesi ai bambini:
«Cosa vorreste fare da grandi?»
Alzò la mano il più timido e pallido, e mi rispose:
« Io una volta ho vomitato…»
La saggezza dei bambini è disarmante, questo significa un CAZZO.

lunedì 29 luglio 2013

Cacciatori di tesori


Accendo la televisione, non la guardo molto, ma non mi metterei mai nella categoria: "La televisione non la guardo mai, è quasi un soprammobile"
Che simpaticona, allora cosa Cazzo l'hai comprata a fare, la usi come portascarpe? No, fai finta, allora buttala, stronza.
Altrimenti: "La televisione non ce l'ho, ne faccio volentieri a meno. Leggo libri, faccio cose più interessanti"
Che STRONZI, che snob al limite della sopportazione. 
Ti ricordi "Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose…"
Comunque la trasmissione si chiama "Cacciatori di tesori", è inguardabile e, contemporaneamente, per la mia perversione, calamitante.
Il personaggio principale, Ric Savage, un quarto di manzo, manzo non sta per bello, ma per peso specifico, enorme e disgustoso. La moglie Rita, una vecchia tardona truccata come una vacca, senza offesa per le vacche vere, con vestiti attillati (dove li compra) da dove escono le sue forme inquietanti. Due figli con la faccia da pirla, cercano tesori e reperti in zone dove si sono svolte battaglie o accadimenti storici. Quindi scavano e trovano oggetti. A ogni ritrovamento, il manzo urla alzando le braccia verso l'alto, OOOOOH YEEEEEAH BABY, BOOOOM, DANGER" non proprio in quest'ordine ma il succo è quello. In quel momento, come quando si è piccoli, ti vergogni per lui, e non sai dove guardare: La tardona fa boccuccia e mostra i denti, esagerati e lascivi come lei. E i pirla? Sorridono, infatti valgono poco più di un contorno nel piatto, quelli che sono trendy in questo periodo, mezza foglia di insalata riccia con uno sputo di salsa. Poi prendono i loro "tesori", che, se avessero saputo di essere ritrovati da questi freaks, probabilmente si sarebbero disintegrati da soli. E li vendono a negozianti, improbabili, chi con la faccia da galera, vecchi quasi morti, studiosi di gazzosa, varrebbe visitare l'America solo per conoscere questi personaggi e fotografarli. La famiglia dei mostri finalmente tace, non so quanto duri, forse trenta minuti di vera merda, rimani sul divano e dici: "Potevo usare il televisore per piantare fiori"
Ti senti, come si dice, una grande testa di CAZZO.

sabato 27 luglio 2013

Il controllore


L'Atm mi sta sul CAZZO, non esiste un vero e proprio motivo, gli autisti, se vedono che stai correndo per raggiungere il tram, ti chiudono in faccia le porte. Adesso al posto di quei bellissimi tram gialli e piccoli, ci sono quelli lunghi, brutti e puzzolenti. Ma il personaggio più bastardo di tutta l'ATM è il controllore. Con quelle divise pensano di essere dei generali, si vede il piacere nel farti la multa. Quindi, visto che i giorni non sono tutti uguali, una settimana fa, salendo le scale mobili, li ho visti, occhiali che ti scrutano, penna in mano e raffiche di multe. Io avevo il biglietto regolarmente timbrato e valido, ma ho pensato di divertirmi.
"Signora, mi può far vedere il biglietto di viaggio?"
Io faccio finta di frugami in tasca, nella borsa, con aria preoccupata e dispiaciuta, e qui scatta il sadismo del controllore:
"Allora il biglietto?"
"Guardi mi dispiace, ma ce l'avevo in tasca, mi faccia controllare ancora"
Lui nel frattempo guarda con aria sorniona i colleghi, sicuro della multa, loro contemporaneamente fanno contravvenzioni a uffa, alla sudamericana che chiede per favore di non fargliela, mentre un marocchino salta oltre le macchinette obliteratrici, insomma una strage. 
A quel punto i ruoli si invertono, noi campesinos siamo in uniforme e loro borghesi punibili. 
I miei colleghi campesinos torturano il gruppo di controllori con frasi tipo:
"Eri contento di viaggiare in metropolitana gratis, ascoltando tutti i finti invalidi zingari?"
"Ti piace essere sulle carrozze della linea verde con quaranta gradi e senza condizionatore?"
"Sai che non mi piaci, hai la carta di soggiorno?"
"Se tutti facessero come te come andrebbe a finire il Comune di Milano?"
"Credi di farmi paura, ci metto niente a chiamare la polizia!"
"Mi pare di averti già visto alla stazione, per caso sei slavo?"
"Tanto a voi che differenza fa, non avete mai lavorato".
Tutte le frasi si intendono con il tu, questo per farli sentire ancora più una merda, infatti a una merda non ci si rivolge con il lei!
Finalmente arrivano i rinforzi, Libellule enormi che noi popolo di campesinos cavalchiamo, l'accesso alla metropolitana è libero, zingari, slavi poveri, vecchi, zoppi e bambini, tutti rigorosamente in abito da sera. Il popolo che a Milano non esiste, quello che dà fastidio, che non produce e magari si ammala e si lamenta, perché non conta nulla. 
"Allora signora sono obbligato a farle la contravvenzione, documenti prego"
Gli mostro il biglietto:
"L'avevo detto di avere il biglietto!"
Che bello un mondo al contrario libero dalle teste di CAZZO.

Il supermercato



Il supermercato è quello dei poveri, il cibo, o qualsiasi altra cosa, ha sempre lo stesso sapore, la carne sa di tonno, i biscotti di chinotto, l'insalata di mozzarella, il bagno schiuma di pizza, insomma è triste e patetico. Ci sono anche i prodotti light per i poveri. Una volta ho comprato le fette biscottate per la nonna, risultato: si è rotta un pezzo di dentiera. L'unica cosa bella, oltre al fatto che non ci siano canzoncine ebeti in sottofondo, sono le persone che la frequentano. I Poveri quelli con la P maiuscola. Con i loro cappotti logori e la carnagione bianca. Chissà perché i poveri non sono mai abbronzati? In fondo come direbbero i RICCHI, potrebbero andare al Parco Sempione a prendere un po' di colore, ma loro no, si ostinano a vivere delle piccole cose che li rendono ancora più miseri. Pensa, senza mai cercare un diversivo, che teste di CAZZO. 
Loro cercano di parlare invano con i commessi che, abbruttiti dagli stipendi e dalle mansioni non sempre appaganti, non se li cagano nemmeno di striscio:
«Signorina per favore sa dove sono i dadi?»
«Al solito posto»
«Dove?»
«Signora guardi che io sto lavorando, sono nel solito scaffale vicino alle saponette»
Sì perché nel supermercato dei poveri, per rendere piacevole la tua spesa, mischiano a culo materassini per il mare con scatole di pelati, chiara azione di marketing la caccia al tesoro del CAZZO. 
Alla cassa una signora di una timidezza quasi imbarazzante, fa la fila con due scatolette di cibo per animali, si avvicina un semi barbone e le dice:
«Per chi sono quelle Scatolette?»
«Per il mio gatto»
Il semi barbone quasi infastidito e con l'aria di chi la sa lunga:
«Ma se hai le scarpe rotte, il cappotto rovinato e sei secca come un'ombrello. Perché non compri qualcosa per te, gli animali il cibo lo trovano lo stesso, tu no»
«Ma io sono contenta così»
Il resto della fila guarda la signora con aria di compatimento, che brutta la guerra dei Poveri, in fondo lei è la più fragile e malmessa, gli altri le scarpe le hanno sane.
Il semi barbone non contento continua:
«Lo sai che la Caritas ti aiuta se chiedi qualcosa? A me hanno dato le scarpe e un cappello»
Un cappello, cosa se ne fa un semi barbone di un cappello? Accessorio indispensabile per la prima alla Scala, dove a lui spetta un posto d'onore sul palco centrale, che stronzi i Poveri, gli dai un cappello e pensano di essere Napoleone.
Lei risponde:
«No, non fa per me io il pane lo voglio guadagnare»
Il semi barbone la guarda in maniera feroce, e borbotta tra se parolacce, gli altri la guardano con disapprovazione, una bambina chiede alla madre:
«Mamma ma quella signora con le scarpe rotte è una barbona?»
La madre con gli occhi senza colore come un cane rabbioso:
«No è solo una Povera senza testa»
Ribadisco i Poveri sono delle teste di CAZZO.